La storia

Una casa al mare come una scultura

La Casa è stata progettata e realizzata dall’architetto fiorentino Vittorio Giorgini (1926-2010) nella metà degli anni sessanta.

Nasce come un unico grande ambiente centrale da vivere semplicemente e liberamente, in vacanza. Poi, seguendo le suggestioni dello stesso Giorgini, lo spazio è stato idealmente suddiviso attraverso pareti curvilinee e spezzate che non raggiungono mai il soffitto.

La struttura avvolge il grande spazio centrale e si appoggia a terra in tre punti per poi aprirsi verso il mare con una grande apertura diaframmata da un infisso in legno molto disegnato che permette di dosare la comunicazione con l’esterno. È costituita da una doppia rete metallica ricoperta di cemento spruzzato lasciato grezzo, talvolta plasmato con le mani, a formare una lastra che qua e là è forata da aperture simili a ritagli in un foglio di carta. Le sue linee curve e sinuose suscitano il ricordo di un grande animale come un dinosauro, da cui appunto la casa prende il nome, o una balena, come viene solitamente chiamata dagli abitanti della zona. La sua forma è tale da permetterle di reagire alle maggiori sollecitazioni innervandosi e irrigidendosi naturalmente. Gli spessori di tutta la struttura rimangono costanti in ogni punto affidando alle sue variabili curvature il sostegno della casa.

Una larga spirale di ciottoli infissi nel cemento avvolge la casa partendo da terra, per poi slargarsi per formare uno spazio-terrazza davanti alla grande apertura per concludersi nel punto più alto della costruzione, dove il camino fissa le superfici avvolgenti, emergendo dagli alberi e protraendosi verso il mare.

Una selvaggia macchia mediterranea contorna la casa risolvendosi direttamente nel mare del golfo di Baratti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“…un luogo magico…”

Il mio rapporto personale con la casa e con l’ambiente in cui è immersa parte proprio dalla definizione che lo stesso Giorgini diede di Baratti: un luogo magico. Un luogo incontaminato, dove si respira benessere e sollievo interiore, un luogo carico di energia positiva che mi attraversa ogni volta che sono lì. Non è un caso che proprio questo luogo sia stato scelto dagli Etruschi come dimora per i defunti, luogo di pace adatto alla continuazione di una speciale attività vitale post mortem.

La prima volta che sono stato a Baratti avevo all’incirca sette anni. Papà aveva una barca a motore ormeggiata al porticciolo e la zona che frequentavo era la marina, Giancarlo Cappelli, storico ormeggiatore e proprietario del porto, Canessa, l’unico ristorante della zona, Vinicio che vendeva esche e materiali da pesca.

Nel 1977 mio padre Leandro venne a conoscenza tramite un suo amico geometra che dall’altra parte del golfo, nella zona di Demos, era stata messa in vendita una casa dalla struttura particolare ma praticamente in stato di abbandono. Incuriosito, decise di andare a vederla e appena arrivato ne rimase immediatamente catturato. Un amore a prima vista conquistato pazientemente con non poca fatica.

Il giorno che papà mi portò lì lo ricordo ancora, son passati 41 anni. Vidi casa, fui colpito dalla sua morfologia e pensai: questa casa è un gioco. Ebbi l’impressione di un azzardo fantastico, surreale. Una genialità estrema che paradossalmente si confondeva con l’ambiente in cui era inserita: una genialità della genialità. Il primo contatto “puro”, scevro dall’onda di entusiasmo della vacanza e dell’estate, è avvenuto in occasione della permanenza di un’amica di famiglia (io avevo circa 13 anni) tra la fine del mese di settembre e l’inizio di ottobre: lei volle rimanere a Baratti un paio di settimane fuori stagione ed io rimasi con lei. Eravamo il Dinosauro, noi, ed il mare: unicum perfetto, trilogia fantastica. E fu intesa, rispetto, amore. Seguì, qualche anno dopo un secondo periodo “puro”: neolaureato, in attesa di un impiego oltreoceano, passai due mesi (ottobre e novembre) nel Dinosauro, facendo piccoli lavori di manutenzione, io lo “curavo” e lui mi regalava pace e serenità, e il mare amalgamava questo rapporto di scambio. E fu intesa, rispetto, amore.

Giorgini al tempo viveva e lavorava negli Stati Uniti. Papà, ingegnere, lo cercò per avere notizie sulla stabilità della casa, sulla presenza di schizzi, progetti dell’interno che al momento era un unico ambiente diviso da una posticcia parete in legno. Ci fu un contatto telefonico tra i due e la visione di alcune bozze dell’interno a cui papà si attenne per la divisione degli spazi.

Non ho più avuto la possibilità di occuparmi del Dinosauro da quel secondo incontro. Papà ci ha lasciati, ed ha deciso che me ne occupassi io per il tempo a seguire, con il suo aiuto. Quando ho rivisto il Dinosauro ho provato sconforto, necessitava di interventi urgenti, soffriva, si respirava aria di tristezza che collideva con la serenità, sensazione invadente del luogo dove si trova casa. Bisognava agire, subito. Così grazie al supporto di mia moglie, dei miei figli e alle mani e alla professionalità di Mirko, maestranza eccellente, e sempre con l’aiuto di papà il Dinosauro ha visto riscoprire la parte più intima della sua anima che era stata sapientemente custodita. Non nascondo l’emozione, la paura, la sorpresa, l’ansia, la soddisfazione nel riscoprire le sue curve, le sue profondità interne, i suoi sbalzi di livelli, la sua armonia interiore. Penso che l’architetto Vittorio Giorgini ne sarebbe felice. Papà sicuramente lo è.

Luca Sgorbini

Curiosità scoperte nel tempo…

 Casa Dinosauro è costruita esattamente sul 43° parallelo (mi sento di escludere che ciò fosse noto al tempo della realizzazione) dove si trovano importanti luoghi di pellegrinaggio: Santiago di Compostela, Lourdes, Assisi e Medjugorie. Chissà se quella sensazione di serenità e pace che si respira nella Casa non sia del tutto casuale…

L’ispirazione della progettazione della casa è nata dalla grande amicizia tra Vittorio Giorgini e Hans Jenny, un cardiologo svizzero studioso della “cimatica”. Ho scoperto ciò qualche anno fa studiando gli archivi disponibili e sono rimasto fortemente colpito dalla coincidenza dato che anche io sono un cardiologo… Non mi sento di escludere che l’apertura a forma di cuore sull’estremità più alta della casa sia un tributo all’amico cardiologo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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